Montagna e adrenalina

Novembre 2006, un fine settimana di tempo splendido, la neve appena caduta e attesa sembra farina (nota: la foto postata è di repertorio con molta più neve e la prospettiva falsa le pendenze; ho tracciato in rosso la via di salita, più o meno).
Con il mio vecchio compagno di cordata passiamo la notte nel Bivacco di Val (1965 mt.) per salire all'indomani la Cima Olmi (Illmenspitze) - 2656 mt.
E' una salita facile, per cui non abbiamo con noi corda, imbragature, ferramenta e caschi ma solo ramponi da ghiaccio e due piccozze a testa.
Al mattino prestissimo inziamo la salita, attacchiamo il facile canalone che sale alla vetta con una pendenza del 45/50% ma ben presto realizziamo che la neve caduta non ha alcuna consistenza. Oltre a rendere la progressione faticosa e noiosa, non ha alcuna coesione col terreno e una slavina non è da escludere.
Propongo di superare a destra il canalone, superarne il bordo roccioso, convinta che al di là vi siano pendii erbosi che portano alla cima. Il mio compagno è d'accordo e cominciamo ad arrampicare sulle roccette che contornano il canalone con la tecnica detta del dry tooling, cioè usando ramponi e piccozze al posto delle mani.
Ben presto realizziamo che il versante oltre il bordo è tutt'altro che erboso. Sfasciumi di rocce che salgono sempre più ripidi verso la cima. E' fatica, negli avvallamenti tra un blocco e l'altro la neve arriva fino alla vita. Improvvisamente ci troviamo davanti un ostacolo: un muro verticale di oltre 20 metri, roccia friabile e scaglie e toppe di muschio.
Sotto di noi la Val d'Ultimo, Alto Adige. Il paesino 1000 metri più in basso ti da l'idea che se cadessi arriveresti diretta nella piazzetta.
C'è poco da scegliere, o si torna indietro, con grande fatica, o si sale in vetta, solo una cinquantina di metri di dislivello. Il mio compagno parte deciso, e io dietro.
In questi momenti sei te stessa e no. Non so quanto sia durata la salita di quella parete, sicuramente non troppo o le forze mi sarebbero mancate. La concentrazione è assoluta, non ci sono altri pensieri, solo un motivetto idiota che in questi casi canticchio dentro di me. La roccia sembra una sfoglia per dolci, vado alla ricerca della più piccola fessura per incastrarvi delicatamente la becca della piccozza. La torco per fare presa, tiro leggermente per verificare se tiene e azzardo un passo. Il muschio si rivela provvidenziale, le punte dei ramponi vi affondano con un Toc rassicurante.
Non oso guardare in basso, non potrei e non ne avrei il tempo, non posso stare troppo ferma e confidare eccessivamente negli appigli e negli appoggi. Devo solo salire, sensi allertati allo spasimo, ora più sciolta.
Il muro è superato. Gli ultimi metri si inclinano dolcemente fino alla croce sulla vetta. Senza una parola ci guardiamo, poi ci abbracciamo.
"Cazzo" sibila il mio compagno, mentre le mie ginocchia, ora rilassate, prendono a tremare incontrollabilmente.
Ma è gioia quella che mi sale da dentro, gioia di aver superato l'ostacolo, la paura, freddamente e consapevolmente. La sigaretta truccata che ci passiamo in silenzio nel vento prima di scendere a valle per il facile sentiero dell'altro versante, il mondo sotto di noi....
è gioia.